Il grasso del latte e diabete di tipo 2: i risultati di uno studio

I grassi del latte

Il latte ha un tenore totale di grasso pari a circa il 3,4% e, tra i grassi commestibili, ha la più complessa composizione di acidi grassi. Infatti:

  • vi sono stati identificati più di 400 singoli acidi grassi;
  • di questi, circa il 15-20 costituiscono il 90% del grasso.

Dal punto di vista nutrizionale non tutti gli acidi grassi sono uguali. Il latte contiene circa,

    • il 65% di acidi grassi saturi,
    • il 30% di monoinsaturi,
    • e il 5% di acidi grassi polinsaturi.

Il grasso del latte si scioglie in un ampio intervallo di temperature, da circa 0 ° C fino a 40 ° C. Nella nostra quotidianità possiamo notare questo suo comportamento osservando e mettendo a confronto la consistenza del burro alla temperatura del frigorifero e alla temperatura ambientale:

  • alla temperatura del frigo, il burro è solido per circa il 50%;
  • ma alla temperatura ambiente, è solido solo per circa il 20%,
  • e questo è il motivo per cui, all’aumentare della temperatura il burro si diffonde più facilmente.
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Contenuto di grasso allo stato solido in due tipi di latte ed un margarina (curva in bass). Fonte.

Le proprietà di fusione del grasso sono il risultato dei punti di fusione dei singoli acidi grassi che costituiscono il grasso del latte, e della loro disposizione sulla molecola dei trigliceridi.

CURIOSITÀ

Alcuni degli acidi grassi si trovano in quantità molto piccole nel latte, ma sono tuttavia quelli che contribuiscono al sapore unico e desiderabile dello stesso latte e del burro.

I risultati dello studio

Da un recente studio pubblicato sulla rivista medica settimanale PLOS Medicine sembra che il latte, il formaggio e lo yogurt possano essere più utili che dannosi per il nostro organismo.

Un gruppo internazionale di ricerca guidato dagli scienziati dell’Università di Cambridge nel Regno Unito, e della Tufts University di Medford negli USA, ha condotto un’analisi congiunta di studi prospettivi (detti anche «studi di coorte») esaminando la relazione esistente tra il consumo di grassi del latte ed i rischi di diabete di tipo 2.

Questi ricercatori hanno analizzato i dati raccolti da 16 potenziali coorti di 12 paesi, per un totale di 63.682 partecipanti.

Analizzando i dati risultanti da questi 16 studi, è emersa l’esistenza di un legame tra le persone che avevano nel loro sistema le maggiori concentrazioni di biomarcatori di grasso del latte, ed un minor rischio di diabete di tipo 2.

“I nostri risultati forniscono le prove più complete a tutt’oggi sui biomarcatori del grasso da latte e sulla loro relazione con il minor rischio di diabete di tipo 2”, ha affermato il ricercatore capo Dr. Fumiaki Imamura. “Siamo consapevoli che il nostro lavoro sui biomarcatori ha limitazioni e richiede ulteriori ricerche sui meccanismi sottostanti, ma per lo meno le prove disponibili sul grasso da latte non indicano alcun aumento del rischio per lo sviluppo del diabete di tipo 2”, ha aggiunto lo stesso Imamura.

Gli autori dello studio ritengono inoltre che le attuali le scoperte possano richiedere una revisione di quelle linee guida dietetiche che incoraggiano le persone a evitare il latte intero. Infatti,

  • le linee guida internazionali raccomandano in questi casi – generalmente – l’assunzione di prodotti a basso contenuto di grassi, oppure di prodotti senza grassi a causa di preoccupazioni circa gli effetti avversi delle maggiori calorie o di maggiori grassi saturi.
  • Invece questa ricerca suggerisce la necessità di riesaminare i potenziali benefici metabolici del grasso del latte o degli alimenti ricchi di grassi caseari, come i formaggi.

Tuttavia per quanto valida, questa ricerca non è priva di limiti. Per cui, per una “conferma” di queste conclusioni è opportuno attendere i risultati di studi futuri che non abbiano i limiti di quest’analisi, come affermano gli stessi ricercatori. I ricercatori spiegano infatti, che questo studio non ha fatto delle distinzioni tra diversi tipi di prodotti caseari, mentre sarebbe più corretto partire presupposto che il consumo di cibi diversi come il latte ed il formaggio possano avere degli impatti diversi sul rischio metabolico.

Infine, l’analisi di cui si è detto si è concentrata principalmente sulla popolazione di razza bianca. Gli studi futuri dovrebbero mirare a includere le popolazioni più diverse.

DA RICORDARE

A prescindere da questo studio, che come detto necessita di ulteriori approfondimenti, qualsiasi cambiamento alla propria dieta andrebbe discusso col proprio medico o con un dietologo.

Occorre infatti tener conto anche: della propria età, eventualmente anche del tipo di diabete, delle terapie in corso, del peso corporeo, delle consuetudini, delle preferenze alimentari, ecc.

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